Controlli più capillari, il comandante della Polizia Municipale: “Sicurezza? Puntiamo sull’intelligenza artificiale”

Arezzo, 30 ottobre 2025 – “La sicurezza non è solo questione di telecamere o pattuglie: è un modo di vivere la città”, ha esordito il comandante della Polizia Municipale Aldo Poponcini, ospite del Rotary Club Arezzo in una serata dedicata ai temi della sicurezza urbana. Poponcini ha parlato con la schiettezza di chi conosce le strade, non solo le carte: quarant’anni di servizio e una visione lucida delle sfide che attendono Arezzo, tra nuove tecnologie, disagio giovanile e necessità di coordinamento tra le forze dell’ordine.
Comandante, cosa potrebbe aiutare la sicurezza in città?
“L’intelligenza artificiale. Oggi in città abbiamo 480 telecamere, oltre a 30 per la lettura targhe, ma un operatore non può controllare otto schermi contemporaneamente. Servono sistemi di alert che segnalino automaticamente situazioni anomale: esistono già in altri Paesi, basta un piccolo investimento – parliamo di circa 100 mila euro per cento telecamere – e, soprattutto, la volontà politica di farlo. L’AI non sostituisce l’agente, ma lo supporta, liberando risorse umane da impiegare su strada”.
A proposito di sicurezza, si avvicina la notte di Halloween: quali criticità vi aspettate?
“Il problema è duplice: incidenti stradali e consumo di alcol tra minori. Durante la serata del 1° novembre il nostro personale sarà impegnato soprattutto sulla viabilità, ma stiamo organizzando anche controlli mirati nei locali. Per farli bene serve un gruppo in borghese, non conosciuto, che identifichi chi somministra alcol ai minori. Se il ragazzo ha meno di 16 anni, scatta la denuncia penale, e dopo due episodi si può chiedere la chiusura del locale”.
C’è chi chiede più presenza della Polizia municipale in centro. È possibile?
“La presenza è importante, ma deve essere coordinata. Le forze in campo sono tante: Polizia, Carabinieri, Finanza, Municipale. Serve un tavolo di coordinamento con obiettivi chiari, per evitare sovrapposizioni e coprire i momenti più critici, come il sabato sera”.
Lei ha detto più volte che la percezione della sicurezza è quasi più importante della sicurezza reale.
“Esatto. Il cittadino deve sentirsi sicuro. Se percepisce insicurezza, anche un piccolo episodio diventa un caso. A volte non possiamo intervenire come vorremmo: pensi al cittadino polacco che vive nudo nei giardini di Saione. Non possiamo portarlo in un centro d’accoglienza se il posto non c’è, e questo il cittadino non lo capisce. Ma la percezione resta: per lui la città non è sicura”.
Tra le emergenze, c’è quella del disagio giovanile.
“È un problema serio, e non solo ad Arezzo. Ho visto genitori e nonni disperati perché i figli o i nipoti hanno problemi di tossicodipendenza. Spesso tutto comincia da 10 euro dati con leggerezza, che diventano una dose. L’alcol e la droga sono presenti più di quanto si pensi, e il consumo tra i ragazzi cresce”.
Arezzo ha vissuto anche il caso della cosiddetta “banda Tony Montana”. Cosa resta di quell’esperienza?
“Quella vicenda, tra il 2019 e il 2022, ci ha insegnato molto. Era un gruppo di minorenni e giovani adulti, anche di seconda generazione, che si ispiravano al film Scarface e si facevano chiamare My Brothers. Operavano con metodi da banda organizzata: rapine, aggressioni, spaccio. Insieme a Polizia di Stato e Procura dei minori smantellammo quel gruppo, arrivando a nove misure cautelari. Il capo è oggi detenuto a Cremona”.
Oggi la situazione è sotto controllo?
“Sì, ma non bisogna abbassare la guardia. Oggi il problema è quello del sabato pomeriggio e del sabato sera resta. I ragazzi spesso non sanno divertirsi: hanno troppo denaro in tasca e poca educazione al limite. Bevevano ieri, ma oggi bevono di più e più presto. Gli incidenti stradali non sono affatto diminuiti”.
Lei parla spesso di educazione e famiglia. È lì che bisogna intervenire?
“Assolutamente. Noi veniamo da una generazione cresciuta con la parola “lavoro”. Oggi vedo meno senso del limite e meno comunicazione. I telefonini hanno tolto ai ragazzi la capacità di esprimere il disagio. Si cercano nel branco, si sfogano nella violenza o nell’alcol. Dobbiamo riportarli a principi semplici: la famiglia, la responsabilità, il rispetto degli altri”.
In conclusione, qual è il suo auspicio per Arezzo?
“Che resti una città sana, perché lo è. Ma dobbiamo proteggerla insieme. I cittadini devono darci fiducia e segnalarci i problemi, le istituzioni devono lavorare in rete. Io ho 44 anni di servizio, amo questa città, il Saracino, la sua gente. E finché sarò qui continuerò a difendere la sicurezza di Arezzo, con passione e con rispetto per chi ogni giorno la vive”.
La Nazione




